Nuovo Codice appalti: stesse regole per CAM e certificazioni. Elencate quelle che danno vantaggi concreti

Il nuovo Codice degli appalti è in vigore e pienamente operativo dal 1° luglio 2023. Con il Dlgs. 31 marzo 2023, n. 36 si è riscritta la disciplina che regola la contrattazione pubblica.
Definitivamente in soffitta il vecchio Codice, il Dlgs. 50/2016, ora abrogato.
I CAM sono confermati e anche le rigide regole generali per l’ammissibilità in gara delle certificazioni ambientali.
Tra le novità di interesse, è pubblicato l’elenco delle certificazioni che permettono una importante riduzione degli importi di garanzia.

a) I CAM sono confermati

Secondo il nuovo articolo 57 (Clausole sociali del bando di gara e degli avvisi e criteri di sostenibilità energetica e ambientale) comma 2 (che si riporta testualmente) i CAM continuano ad essere obbligatori: 

  1. “Le stazioni appaltanti e gli Enti concedenti contribuiscono al conseguimento degli obiettivi ambientali previsti dal Piano d’azione per la sostenibilità ambientale dei consumi nel settore della pubblica Amministrazione attraverso l’inserimento, nella documentazione progettuale e di gara, almeno delle specifiche tecniche e delle clausole contrattuali contenute nei criteri ambientali minimi, definiti per specifiche categorie di appalti e concessioni, differenziati, ove tecnicamente opportuno, anche in base al valore dell’appalto o della concessione, con decreto del Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica e conformemente, in riferimento all’acquisto di prodotti e servizi nei settori della ristorazione collettiva e fornitura di derrate alimentari, anche a quanto specificamente previsto dall’articolo 130. Tali criteri, in particolare quelli premianti, sono tenuti in considerazione anche ai fini della stesura dei documenti di gara per l’applicazione del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, ai sensi dell’articolo 108, commi 4 e 5. Le stazioni appaltanti valorizzano economicamente le procedure di affidamento di appalti e concessioni conformi ai criteri ambientali minimi. Nel caso di contratti relativi alle categorie di appalto riferite agli interventi di ristrutturazione, inclusi quelli comportanti demolizione e ricostruzione, i criteri ambientali minimi sono tenuti in considerazione, per quanto possibile, in funzione della tipologia di intervento e della localizzazione delle opere da realizzare, sulla base di adeguati criteri definiti dal Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica.”

Secondo quanto disposto poi dall’articolo 48, che disciplina i Contratti sotto soglia comunitaria, non vi è alcuna ragione per ritenere che a questi non si applichi l’obbligatorietà dei CAM, non essendoci nessuna deroga esplicita (“Ai contratti di importo inferiore alle soglie di rilevanza europea si applicano, se non derogate dalla presente Parte, le disposizioni del Codice.“).
Quindi tutte le Stazioni appaltanti continuano ad essere obbligate ad inserire i CAM vigenti nelle proprie procedure di gara.

b) Si confermano le regole per l’ammissibilità delle certificazioni ambientali per il GPP

Il Codice appalti fissa le regole in base alle quali una certificazione ambientale può essere, o non essere, accettata in sede di gara.

Il GPP in Italia è un sistema ben avviato: sono obbligatori i criteri ambientali minimi, le gare green si stanno sempre di più diffondendo e così le certificazioni ambientali che servono alle aziende per partecipare alle gare e magari aggiudicarsele.

Ma così come la normativa GPP impone regole rigide per le caratteristiche ambientali dei prodotti e servizi, così coerentemente chiede regole severe per le certificazioni. In coerenza con la normativa legata alla Direttiva Green Claims, non sono ammessi marchi di facciata, marchi fatti “a tavolino”; le certificazioni devono rappresentare larghi e diffusi interessi, devono essere esito di un processo partecipato, che nasce dal basso, da un comparto, da un’associazione di produttori che intende definire le regole per identificare le eccellenze green del settore. Solo in questo senso le etichette ambientali sono oggettivamente credibili.

Ma soprattutto, le certificazioni etichette ambientali essere indipendenti.

Ma cosa significa indipendenza, terzietà di una certificazione ambientale per il Codice Appalti?

Significa, sostanzialmente, che l’ente di certificazione che svolge la verifica (e che per tale attività riceve un compenso dall’azienda che intende certificarsi), deve essere un soggetto diverso dal soggetto (partecipato) che scrive le norme, i requisiti per l’etichettatura e ne cura l’aggiornamento nel tempo.

Tutto ciò sembra ovvio e scontato: in altre parole, chi detta le regole non può essere colui che le applica. Un Ente di certificazione, secondo il Codice appalti, non può essere proprietario di una certificazione e allo stesso tempo fare le verifiche presso le aziende e rilasciare i certificati.

Questo il senso di quanto prescrive il Codice appalti: “i requisiti per l’etichettatura sono stabiliti da terzi sui quali l’operatore economico che richiede l’etichettatura non può esercitare un’influenza determinante.” Dove per influenza determinate evidentemente si intende quella definita dal rapporto economico e contrattuale (ovvero quella che si instaura tra l’impresa e l’ente di certificazione).

Inoltre, il Codice appalti dice che la P.a. può richiedere certificazioni ambientali la cui comprensione sia immediata (che non siano fuorvianti, oscure, vaghe ecc.) e che si basino su un fondamento scientifico comprovato. Inoltre, tali criteri devono essersi formati in esito ad un processo concertato, condiviso e aperto a tutte le parti, che siano diretta rappresentazione delle aziende del settore e dei principali stakeholder, anche istituzionali (associazioni imprenditoriali, parti sociali, aziende ecc.).

Le certificazioni devono inoltre essere accessibili a tutti gli interessati, che siano in possesso dei requisiti, senza preclusioni o particolari “selezioni all’ingresso” (es. sarebbe da escludere un marchio del quale possono beneficiare solo gli appartenenti, gli iscritti ad un gruppo).

Tutto ciò è contenuto nell’Allegato II.5 (Specifiche tecniche ed etichettature) che ripercorre il contenuto dell’articolo 69 del vecchio Codice appalti (Dlgs. 50/2016). Inoltre, il nuovo Allegato II.5 così come l’articolo 69 riproducono pedissequamente l’articolo 43 della Direttiva del Parlamento e Consiglio Ue 2014/24/Ue (Direttiva sugli appalti pubblici) di cui il Dlgs. 50/2016 costituisce il primo recepimento. Niente di inventato dunque: le regole sono stabilite a livello europeo.

Per quanto riguarda il valore normativo degli Allegati al codice, questi sono disposizioni normative primarie così come richiamate dall’articolo 227 del Dlgs 36/2023.

Non è strano che a definire le regole per le etichettature ambientali sia proprio il Codice appalti, ovvero la norma che regola il funzionamento delle gare pubbliche e i comportamenti degli attori che vi partecipano (Stazioni appaltanti e imprese). Regole che sono contenute all’interno di un atto normativo (decreto legislativo) avente forza di legge e quindi gerarchicamente superiore ad un decreto ministeriale (CAM). L’obiettivo chiaramente è quello di evitare la pratica del greenwashing in sede di gara pubblica.

Qui il contenuto per esteso dell’Allegato II.5 (“Specifiche tecniche ed etichettature”).

“1. Le stazioni appaltanti che intendono acquistare lavori, forniture o servizi con specifiche caratteristiche ambientali, sociali o di altro tipo, possono imporre nelle specifiche tecniche, nei criteri di aggiudicazione o nelle condizioni relative all’esecuzione dell’appalto, un’etichettatura specifica come mezzo di prova che i lavori, le forniture o i servizi corrispondono alle caratteristiche richieste, quando sono soddisfatte tutte le seguenti condizioni:

a) i requisiti per l’etichettatura sono idonei a definire le caratteristiche dei lavori, delle forniture e dei servizi oggetto dell’appalto e riguardano soltanto i criteri a esso connessi;

b) i requisiti per l’etichettatura sono basati su criteri oggettivi, verificabili e non discriminatori;

c) le etichettature sono stabilite nell’ambito di un apposito procedimento aperto e trasparente al quale possano partecipare tutte le parti interessate, compresi gli enti pubblici, i consumatori, le parti sociali, i produttori, i distributori e le organizzazioni non governative;

d) le etichettature sono accessibili a tutte le parti interessate;

e) i requisiti per l’etichettatura sono stabiliti da terzi sui quali l’operatore economico che richiede l’etichettatura non può esercitare un’influenza determinante.

2. Se le stazioni appaltanti non richiedono che i lavori, le forniture o i servizi soddisfino tutti i requisiti per l’etichettatura, indicano a quali requisiti per l’etichettatura fanno riferimento. Le stazioni appaltanti che esigono un’etichettatura specifica accettano tutte quelle che confermano che i lavori, le forniture o i servizi soddisfano i requisiti equivalenti.

3. Se un operatore economico dimostra di non avere la possibilità di ottenere l’etichettatura specifica indicata dalla stazione appaltante o un’etichettatura equivalente entro i termini richiesti, per motivi a esso non imputabili, la stazione appaltante accetta altri mezzi di prova, ivi compresa una documentazione tecnica del fabbricante, idonei a dimostrare che i lavori, le forniture o i servizi che l’operatore economico interessato deve prestare soddisfano i requisiti dell’etichettatura specifica o i requisiti specifici indicati dalla stazione appaltante.

4. Quando un’etichettatura soddisfa le condizioni indicate nel comma 1, lettere b), c), d) ed e), ma stabilisce requisiti non collegati all’oggetto dell’appalto, le stazioni appaltanti non possono esigere l’etichettatura in quanto tale, ma possono definire le specifiche tecniche con riferimento alle specifiche dettagliate di tale etichettatura, o, all’occorrenza, a parti di queste, connesse all’oggetto dell’appalto e idonee a definirne le caratteristiche.”

C) REMADE utile per la riduzione dell’importo a garanzia

La partecipazione ad una gara, anche secondo il nuovo Codice, richiede che l’offerta sia corredata da una garanzia provvisoria (cauzione o fideiussione) pari al 2% del valore della gara (art. 106, c. 8). Un impegno che può risultare altamente oneroso per gli operatori, anche perché tale importo può essere, a discrezione della Stazione appaltante, aumentato fino al 4% del valore indicato nel bando o nell’invito (art. 106 Garanzie per la partecipazione alla procedura).

Tuttavia, tale importo è ridotto in alcuni casi tra i quali rientra il possesso da parte dell’offerente di una certificazione ambientale. L’elenco delle certificazioni è riportato nell’Allegato II.13 (Certificazioni e marchi rilevanti ai fini della riduzione della garanzia). Il possesso della certificazione Remade in Italy è titolo abilitativo per la riduzione del 20% dell’importo della garanzia necessaria per partecipare alla gara (il 20% è cumulabile con le altre riduzioni previste dallo stesso articolo 106).
Qui puoi visualizzare l’Allegato II.13.


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