Il regolamento sulla tassonomia Ue
L’articolo 3 del Regolamento Ue 852/2020 (cd. Regolamento sulla Tassonomia Ue) prevede che un’attività è definita ecosostenibile se contribuisce in modo sostanziale al raggiungimento di un obiettivo ambientale e se non arreca un danno significativo a nessun obiettivo ambientale.
Ai fini del suddetto regolamento s’intendono per obiettivi ambientali:
a) la mitigazione dei cambiamenti climatici;
b) l’adattamento ai cambiamenti climatici;
c) l’uso sostenibile e la protezione delle acque e delle risorse marine;
d) la transizione verso un’economia circolare;
e) la prevenzione e la riduzione dell’inquinamento;
f) la protezione e il ripristino della biodiversità e degli ecosistemi.
L’articolo 17 del Regolamento i considera che, tenuto conto del ciclo di vita dei prodotti e dei servizi forniti da un’attività economica, compresi gli elementi di prova provenienti dalle valutazioni esistenti del ciclo di vita, un’attività economica arreca un danno significativo:
a) alla mitigazione dei cambiamenti climatici, se l’attività conduce a significative emissioni di gas a effetto serra;
b) all’adattamento ai cambiamenti climatici, se l’attività conduce a un peggioramento degli effetti negativi del clima attuale e del clima futuro previsto su sé stessa o sulle persone, sulla natura o sugli attivi;
c) all’uso sostenibile e alla protezione delle acque e delle risorse marine, se l’attività nuoce:
i) al buono stato o al buon potenziale ecologico di corpi idrici, comprese le acque di superficie e sotterranee; o ii) al buono stato ecologico delle acque marine;
d) all’economia circolare, compresi la prevenzione e il riciclaggio dei rifiuti, se:
i) l’attività conduce a inefficienze significative nell’uso dei materiali o nell’uso diretto o indiretto di risorse naturali quali le fonti energetiche non rinnovabili, le materie prime, le risorse idriche e il suolo, in una o più fasi del ciclo di vita dei prodotti, anche in termini di durabilità, riparabilità, possibilità di miglioramento, riutilizzabilità o riciclabilità dei prodotti;
ii) l’attività comporta un aumento significativo della produzione, dell’incenerimento o dello smaltimento dei rifiuti, ad eccezione dell’incenerimento di rifiuti pericolosi non riciclabili; o
iii) lo smaltimento a lungo termine dei rifiuti potrebbe causare un danno significativo e a lungo termine all’ambiente;
e) alla prevenzione e alla riduzione dell’inquinamento, se l’attività comporta un aumento significativo delle emissioni di sostanze inquinanti nell’aria, nell’acqua o nel suolo rispetto alla situazione esistente prima del suo avvio; o
f) alla protezione e al ripristino della biodiversità e degli ecosistemi, se l’attività:
i) nuoce in misura significativa alla buona condizione e alla resilienza degli ecosistemi; o
ii) nuoce allo stato di conservazione degli habitat e delle specie, comprese quelli di interesse per l’Unione.
Dalla lettura della norma europea si evince quindi che un’attività per non arrecare danno significativo all’obiettivo di economia circolare (d) deve ottimizzare l’utilizzo dei materiali, in particolare le materie prime e quindi prevedere l’impego di materiali riciclati, nonché considerare la riciclabilità dei prodotti.
Inoltre, l’impiego di materia riciclata comporta una riduzione delle emissioni inquinanti nell’aria, contribuendo così anche al soddisfacimento dell’obiettivo e).
Inoltre, fra i requisiti dei criteri di vaglio tecnico (che individuano i principali contributi potenziali a favore di un determinato obiettivo ambientale) questi devono far riferimento ai sistemi di etichettatura e di certificazione dell’Ue.
Il Pnrr e il principio del Dnsh
Il Regolamento 2021/241 ha previsto che l’accesso ai finanziamenti del Dispositivo di Ripresa e Resilienza (Recovery and Resilience Facility, RRF) è condizionato al fatto che i Piani nazionali di Ripresa e Resilienza (Pnrr) includano misure che concorrano concretamente alla transizione ecologica per il 37% delle risorse e che, in nessun caso, violino il principio del Do No Significant Harm.
Tutte le misure inserite nei Pnrr, che siano investimenti o riforme, devono essere conformi al principio Dnsh ed è compito degli Stati membri dimostrare il rispetto di tale principio. Ai fini di agevolare gli Stati membri nella valutazione e presentazione del principio DNSH nei loro piani nazionali, a febbraio 2021, la Commissione ha pubblicato delle linee guida con gli orientamenti tecnici a cui fare riferimento.
Tutti i progetti e le riforme proposti nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza italiano sono, quindi, stati valutati dalle Amministrazioni proponenti, con il supporto di esperti in materia ambientale, considerando i criteri Dnsh.
Questo processo di valutazione ha nella sostanza condizionato la selezione degli investimenti e delle riforme e qualificato le caratteristiche di quelle selezionate (in particolare quelle ad alto rischio di impatto) con specifiche indicazioni tese a contenerne l’effetto sugli obiettivi ambientali ad un livello sostenibile.
Il primo passaggio per stabilire se una misura potesse essere considerata ecosostenibile è consistito quindi nel verificare se fosse riconducibile ad una attività economica presente all’interno della tassonomia per la finanza sostenibile.
Qualora l’attività non rientrasse in una specifica categoria NACE della tassonomia, la valutazione si è basata sulla verifica dei criteri di sostenibilità previsti per i sei obiettivi ambientali già menzionati, della coerenza con il quadro giuridico comunitario e del rispetto delle Best Available Technique (BAT), ossia di quelle condizioni, da adottare nel corso di un ciclo di produzione, che sono idonee ad assicurare la più alta protezione ambientale a costi ragionevoli.
La Ragioneria generale dello Stato con Circolare 13 ottobre 2022, n. 33 ha aggiornato le Linee guida italiane in materia di Dnsh, confermando che la materia è in continuo mutamento. Le prime linee guida del Mef erano state diffuse nel dicembre 2021.
Vale la pena ricordare che nelle Linee guida per le diverse attività economiche si fa riferimento all’applicazione della normativa dei criteri europei Gpp, oltre che dei Criteri ambientali minimi nazionali, che definiscono i requisiti affinché un’attività non arrechi un danno significativo all’ambiente.