Direttiva CSRD e utilizzo di riciclato

Direttiva CSRD, il contenuto di riciclato fra le informazioni per la rendicontazione di sostenibilità

Il panorama della responsabilità sociale delle società ha avuto un punto di svolta con l’entrata in vigore della Direttiva CSRD e ancor di più lo avrà con il recepimento della stessa in Italia, grazie al Decreto legislativo oggi all’esame del Parlamento.

La Direttiva 14 dicembre 2022, n. 2022/2464 (cd. Corporate social responsability directive, CSRD) ha aggiornato la disciplina sulla rendicontazione societaria di sostenibilità, aggiornando la Direttiva madre in materia (Direttiva UE 34/2013) e aggiungendo in particolare l’articolo 19-bis sulla rendicontazione di sostenibilità. Si prevede dunque che le imprese di grandi dimensioni e le piccole e medie imprese debbano includere nella relazione sulla gestione le informazioni necessarie alla comprensione dell’impatto dell’impresa sulle questioni di sostenibilità, nonché informazioni necessarie alla comprensione del modo in cui le “questioni di sostenibilità” influiscono sull’andamento dell’impresa, sui suoi risultati e sulla sua situazione.

Con la locuzione “questioni di sostenibilità” si intendono quei fattori ambientali, sociali, relativi ai diritti umani e di governance, e la “rendicontazione di sostenibilità” è quella rendicontazione di informazioni relative a questioni di sostenibilità.

È stato poi introdotto l’articolo 29-ter che concerne i principi di rendicontazione di sostenibilità.

La Commissione è chiamata ad adottare atti delegati che integrano la direttiva per stabilire proprio i principi di rendicontazione di sostenibilità.

I principi di rendicontazione di sostenibilità assicurano la qualità delle informazioni comunicate, richiedendo che esse siano comprensibili, pertinenti, verificabili, comparabili e rappresentate fedelmente.

I principi di rendicontazione di sostenibilità specificano, tenendo conto dell’oggetto di un determinato principio di rendicontazione di sostenibilità, le informazioni che le imprese sono tenute a comunicare riguardo ai seguenti fattori ambientali:

  • la mitigazione dei cambiamenti climatici;
  • l’adattamento ai cambiamenti climatici;
  • le risorse idriche e marine;
  • l’uso delle risorse e l’economia circolare;
  • l’inquinamento;
  • la biodiversità e gli ecosistemi.

 I fattori ambientali ricalcano gli obiettivi ambientali contenuti del Regolamento UE 2020/852 sulla Tassonomia (di cui peraltro la Commissione deve tener conto -ai sensi proprio dell’articolo 29-ter- nella stesura degli atti delegati previsti) e per analogia pare che si possa rilevare quindi che se un’attività per non arrecare danno significativo all’obiettivo di economia circolare ex Regolamento sulla Tassonomia deve ottimizzare l’utilizzo dei materiali, in particolare le materie prime e quindi prevedere l’impiego di materiali riciclati, nonché considerare la riciclabilità dei prodotti; si può quindi affermare senz’altro che fra le informazioni che l’impresa è tenuta a comunicare ex Direttiva CSRD vi saranno proprio anche queste informazioni sul contenuto di riciclato. Inoltre, l’impiego di materia riciclata comporta una riduzione delle emissioni inquinanti nell’aria, potendo quindi essere legata anche al fattore ambientale da comunicare di “inquinamento” di cui sopra.

Il Governo italiano nel recepire la Direttiva CSRD ha approvato uno schema di Decreto legislativo che è stato trasmesso al Parlamento il 10 giugno 2024.

L’articolo 3 prevede che le imprese di grandi dimensioni e le piccole e medie imprese [1] quotate debbano includere nella rendicontazione le informazioni necessarie per comprendere l’impatto dell’impresa sulle questioni ambientali.

In particolare, fra le altre, viene richiesta una descrizione delle procedure di dovuta diligenza applicate dall’impresa in relazione alle questioni di sostenibilità; dei principali impatti negativi, effettivi o potenziali, legati alle attività dell’impresa e alla sua catena del valore, compresi i suoi prodotti e servizi; e di eventuali azioni intraprese dall’impresa per prevenire o attenuare impatti negativi, effettivi o potenziali, o per porvi rimedio o fine.


[1] Ai sensi dell’articolo 1 valgono le seguenti definizioni: m) «piccole e medie imprese quotate»: le società con valori mobiliari ammessi alla negoziazione su mercati regolamentati italiani o dell’Unione europea che alla data di chiusura del bilancio, nel primo esercizio di attività o successivamente per due esercizi consecutivi, rientrino in almeno due degli intervalli di seguito indicati: 1) totale dello stato patrimoniale: superiore a euro 450.000 e inferiore a euro 25.000.000; 2) ricavi netti delle vendite e delle prestazioni: superiore a euro 900.000 e inferiore a euro 50.000.000; 3) numero medio dei dipendenti occupati durante l’esercizio: superiore a 50 e inferiore a 250;
n) «imprese di grandi dimensioni»: le società che alla data di chiusura del bilancio abbiano superato, nel primo esercizio di attività o successivamente per due esercizi consecutivi, due dei seguenti limiti: 1) totale dello stato patrimoniale: euro 25.000.000;
2) ricavi netti delle vendite e delle prestazioni: euro 50.000.000; 3) numero medio dei dipendenti occupati durante l’esercizio: 250;
o) «gruppo di grandi dimensioni»: gruppi composti da una società madre e società figlie da includere nel bilancio consolidato e che, su base consolidata, alla data di chiusura del bilancio della società madre superano, nel primo esercizio di attività o successivamente per due esercizi consecutivi, i limiti numerici di almeno due dei tre criteri seguenti: 1) totale dello stato patrimoniale: euro 25.000.000;
2) ricavi netti delle vendite e delle prestazioni: euro 50.000.000; 3) numero medio dei dipendenti occupati durante l’esercizio: 250.