Il “Pacchetto Economia circolare”, approvato dalla Sessione Plenaria del Parlamento europeo del 18 aprile 2018, e approvato in via definitiva dal Consiglio europeo il 22 maggio 2018, contiene un fondamentale cambio di paradigma: dalla gestione dei rifiuti si passa alla gestione dei materiali.
L’approvazione innesca una serie di reazioni a catena, che condurranno al recepimento delle nuove misure da parte degli Stati europei, tra cui l’Italia (il “Pacchetto” contiene modifiche delle direttive europee su rifiuti, imballaggi, discariche, veicoli fuori uso, pile e Raee e il recepimento significa che l’Italia dovrà modificare coerentemente le norme interne che disciplinano le materie: Codice ambientale, Dlgs. 152/2006 e le altre norme di settore).
Si legge nelle Premesse del documento: “La gestione dei rifiuti nell’Unione dovrebbe essere migliorata e trasformata in gestione sostenibile dei materiali al fine di proteggere, preservare e migliorare la qualità dell’ambiente, proteggere la salute umana, assicurare un uso prudente, efficiente e razionale delle risorse naturali, promuovendo i principi dell’economia circolare, migliorando l’uso delle energie rinnovabili, aumentando l’efficienza energetica, riducendo la dipendenza dell’Unione dalle risorse importate, offrendo nuove opportunità economiche e contribuendo alla competitività a lungo termine.”
E’ già chiaro nelle intenzioni il cambiamento culturale in atto, un percorso avviato da diversi anni, nei quali si è assistito a un “ribaltamento percettivo”: i ri-prodotti, da prodotti di serie B diventano i “nuovi prodotti”, oggetti frutto dell’innovazione, del ripensamento dei processi, dell’inventiva, dei brevetti italiani, del made in Italy. L’economia ha bisogno di questi prodotti, la ragione è la scarsità delle materie prime, l’effetto è il miglioramento degli impatti ambientali. In mezzo ci sono benefici per tutti.
Il MinAmbiente ha anticipato i tempi, mettendo in campo una serie di misure che tendono a concretizzare l’economia circolare: il GPP (obbligatorio in Italia) infatti esige una grande quantità di materiali e prodotti che derivano dal recupero di materia, con caratteristiche prestazionali, funzionali, strutturali, estetiche pari se non superiori a quelle dei prodotti “vergini”.
La certificazione ReMade in Italy è uno strumento che si incastra perfettamente nel nuovo sistema: la “circolarità” di un prodotto deve essere provata, misurata, comunicata con credibilità e imparzialità (senza auto-dichiarazione!) visto che stiamo parlando di un obbligo normativo (le pubbliche amministrazioni devono comprare prodotti derivanti dal riciclo).
ReMade in Italy, da sempre, si muove con serietà e competenza per offrire uno strumento utile, al GPP e alla Circular economy, in un processo partecipato al quale prendono parte le Aziende stesse insieme alle Istituzioni. Un marchio di prodotto, una certificazione, un’etichetta ambientale: strumenti chiave per qualificarsi nel cambiamento, in un momento nel quale i primi arrivati si posizionano meglio.